Le campane di Palazzo hanno suonato a distesa per l’Accordo firmato in pompa magna a San Michele all’Adige tra le due Province Autonome e il Ministro Giorgetti:
il “Governo amico di Roma” ci restituirà una quota dei gettiti arretrati che ci spettavano. Soldi delle Province, dunque, che Roma aveva il dovere di trasferire in base allo Statuto.
Subito 40 milioni ed il resto con successive rate annuali, fino all’importo di circa 400 milioni.
Una buona notizia, in sé, benché non così trascendentale e non certo nuova.
Nel 2009, con l’Accordo di Milano, la Provincia ottenne (peraltro da un Governo politicamente non certo amico) il pagamento di gettiti arretrati per circa 3,2 Miliardi, senza le pompose cerimonie elettorali viste in questa occasione.
Siamo ormai abituati a questa “sobrietà istituzionale” della Giunta in periodo di par condicio pre elettorale e ne vedremo ancora delle belle da qui al 22 ottobre.
Tuttavia, gli accordi sbandierati vanno letti e interpretati.
Giorgetti e i suoi dirigenti del Ministero sono stati molto bravi, dal loro punto di vista. Hanno tutelato benissimo gli interessi dello Stato.
Hanno capito che il motto, da queste parti, è oggi quello del film di Pino Zac del 1960: “Pochi, maledetti e subito”.
Infatti, lo Stato ci da una parte di quanto ci spetta e in più ci fa uno sconticino di 25 milioni (pare 15 a Trento e 10 a Bolzano) sul totale della somma che dobbiamo versare come concorso alla finanza statale. Uno sconticino fisso su una cifra totale che non è però fissata per sempre; dipende dall’andamento della finanza pubblica; richiederebbe piuttosto una rinegoziazione complessiva con parametri più equi e ragionevoli.
In cambio, però, le due Province si impegnano a ritirare tutti i ricorsi presentati e soprattutto accettano di rinunciare “per sempre”, da ora in poi, ai 9/10 di quanto lo Stato incamera sul nostro territorio per le accise sul gasolio per riscaldamento.
Si dice che, tanto, con la svolta Green, questa forma di energia scomparirà.
Giustificazione che non tiene conto di due cose.
La prima: la svolta Green non avrà effetti definitivi in tempi rapidissimi, come tutti sanno.
La seconda (e per noi più importante): questa rinuncia scardina un principio cardine della nostra Autonomia Finanziaria e quindi della nostra Autonomia in quanto tale.
Il principio cioè che i nove decimi si devono applicare a tutte le forme di entrata fiscale dello Stato di pertinenza del nostro territorio: dirette o indirette; facili o difficili da calcolare; in via di progressiva diminuzione o meno che esse siano.
Quando si scardina un principio di Autonomia, si crea un precedente che conta molto di più degli effetti immediati che produce.
Non a caso nell’Accordo di Milano le due Province hanno rinunciato ad entrate non più compatibili con i nuovi ordinamenti (ad esempio l’accesso alle Leggi Statali di settore o alla Quota Variabile) ma sono state irremovibili sul principio della compartecipazione a tutti i gettiti fiscali relativi al territorio. E, sempre non a caso, avevano ottenuto un esplicito riferimento a tutti i “prodotti energetici”. Il calcolo di questo gettito é stato poi definito dalla Legge 190 del 2014, art 1, comma 411.
Tra l’altro, nell’accordo di questi giorni, non si scorge una definizione precisa circa il riconoscimento formale di questo gettito a noi spettante per i 9/10 per il periodo considerato: pare piuttosto che si definisca una sorta di “transazione” una tantum, a “ristoro” delle minori entrate delle Province. E si trova anche un riferimento fumoso ma pericoloso all’art 1, dove si fa riferimento al fatto che le due Province avrebbero avuto accesso alle Leggi Statali di settore, in violazione di quanto stabilito con l’Accordo di Milano e ciò avrebbe comportato un aggravio del Bilancio Statale che va considerato nell’ambito di tale “transazione”.
Significativo è poi il fatto che la Provincia di Trento rinunci alla propria quota di gettito relativa all’IMU sui fabbricati produttivi di tipo D. Questione che pare piuttosto significativa in termini finanziari.
Il classico “conto della serva”, dunque, non torna per l’immediato, ma soprattutto tornerà sempre meno per il futuro.
Quando si abbandona la retta via dei diritti autonomistici per accettare oboli una tantum da “governi amici”, ci si mette su una strada piuttosto perigliosa per il futuro.
Si penserà che forse tornerà il conto alle elezioni del 22 ottobre. Noi non lo crediamo, perché abbiamo fiducia nella capacità dei trentini di guardare se oltre al fumo c’è anche un po’ di arrosto. In ogni caso il conto non torna sul piano della difesa dei principi fondamentali della nostra Autonomia Finanziaria.
Il rimbombo quotidiano delle assordanti campane del Palazzo non potrà a lungo silenziare il duro riscontro della realtà.
Se questo avverrà prima o dopo le elezioni del 22 ottobre è nelle mani degli elettori e da questo dipenderà molto del nostro futuro di Comunità Autonoma.
La segreteria Provinciale di Campobase